Il 17 settembre 2019 sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le Linee Guida per la realizzazione di sistemi di valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte dagli enti del terzo Settore.
Due sono le informazioni chiare: le linee guida sono sperimentali e non obbligano gli ETS a realizzare la valutazione d’impatto.
Allo stesso tempo il legislatore sprona gli ETS a prepararsi, facendo presagire utilizzi futuri della VIS per l’affidamento dei servizi da parte delle amministrazioni pubbliche.
Il prodotto finale di un percorso che ha visto impegnati sia il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali che il Consiglio Nazionale del Terzo Settore, sembra essere una mediazione tra la necessità di spingere gli ETS a ragionare sugli effetti sociali delle loro azioni nei contesti territoriali e quelle di creare i presupposti per una finanza sostenibile. Assenti in questa fase indicazioni sulla sostenibilità dell’operazione VIS: vi sono strumenti deputati alla “capacitazione” degli ETS, come vengono utilizzate le valutazioni, vi è un governo centrale delle informazioni raccolte?….
Nell’elencare i punti centrali trattati nelle Linee Guida vorrei premettere che, in quanto sperimentali, le linee guida sono migliorabili, l’importante è che l’esigenza di generare una finanza sostenibile non uccida l’azione trasformativa del Terzo Settore e che la Valutazione d’Impatto ne sia lo strumento.
1. Gli oggetti della valutazione d’impatto sono gli effetti prodotti dalle attività di interesse generale. Non si valutano gli enti, non si rendiconto le attività, si valutano i cambiamenti generati in un dato contesto come effetto di tali attività. E’ un primo passaggio.
2. La funzione della valutazione d’impatto – “Il legislatore individua nella valutazione d’impatto sociale lo strumento attraverso il quale gli ETS comunicano ai propri stakeholders l’efficacia nella creazione di valore sociale ed economico, allineando i target operativi con le aspettative dei propri interlocutori e migliorando l’attrattività nei confronti dei finanziatori esterni”- L’attenzione viene dunque posta sia sulla natura comunicativa della valutazione (che rimanda alla necessità di rendere leggibili i report e inseriti all’interno di una strategia comunicativa), sia su quella attrattiva rispetto ai finanziatori (comprese le pubbliche amministrazioni)
3. Non esiste un’obbligatorietà dell’applicazione neanche quando nelle linee guida si fa specifico riferimento alle procedure di affidamento dei servizi da parte di pubbliche amministrazioni. Nel caso specifico viene indicato quanto segue: “… la valutazione d’impatto è applicabile ad interventi ed azioni di media e lunga durata (almeno 18 mesi) e di entità economica superiori ad euro 1.000.000.000 se sviluppati in ambito interregionale, nazionale o internazionale”. Quest’ultimo passaggio in verità è degno di nota e aiuta, anche nella condivisione dei linguaggi e della cultura valutativa, ad affermare che è sconsigliabile applicare la valutazione d’impatto su progetti piccoli, brevi nel tempo, con un investimento economico limitato.
4. Cosa è valutato- l’oggetto di valutazione non sono gli Enti in quanto tali ma le attività da essi svolti. Per questo motivo ed in base all’utilità della funzione valutativa si può decidere di applicare la valutazione d’impatto a parti rilevanti delle azioni realizzate dall’ente e non a tutte.
5. I periodi di riferimento –la valutazione d’impatto può essere ragionevolmente applicata su tempi medio-lunghi, su azioni di media –lunga durata (almeno 18 mesi), logica che supera ad esempio il ciclo della programmazione annuale. I risultati della valutazione possono essere inseriti all’interno del BS ma non si sovrappone il periodo temporale di riferimento della lettura dei dati (il BS presenta i dati annuali)
6. Gli stakeholders sono citati nelle linee guida principalmente come destinatari del processo di valutazione in quanto interessati a comprendere le ricadute sociali ed economiche generate dall’organizzazioni ed eventualmente. Le linee guida parlano espressamente e a più riprese della necessità di comunicare gli esiti della valutazione d’impatto all’esterno e all’interno dell’organizzazione. La partecipazione degli stakeholders al processo valutativo ha invece a che fare con il metodo scelto dall’ente per valutare l’impatto. Sono due concetti differenti, sul primo le linee guida chiedono un preciso impegno dell’ente, sul secondo il legislatore chiede di dare evidenza del processo di partecipazione degli stakeholders alla misurazione d’impatto. Due concetti ben presenti nelle linee guida.
7. Sull’approccio valutativo il legislatore non da indicazioni specifiche se non richiamando l’attenzione a principi generali. Tale scelta risulta rispettosa del ruolo dell’ente valutatore che deciderà il metodo in base a questioni specifiche. Rimangono le perplessità su come si potrà evitare il rischio di una valutazione d’impatto basta sulla trasformazione dei linguaggi (i risultati che diventano impatti), che venga recepita come adempimento burocratico e non come un’ottima opportuna di crescita. Questa è la vera sfida.